8 marzo 2014

Revised TPD: la grande truffa?


La nuova revisione della Direttiva Europea sul Tabacco, dopo il voto contrario del Parlamento Europeo lo scorso Autunno che ha bocciato senza appello l’articolo 18, è il prodotto di un dialogo a 3 tra Commissione, Consiglio e rappresentanti del Parlamento europeo.  Tale revisione si è svolta a porte chiuse e senza interventi esterni come invece previsto dal Regolamento di funzionamento dell’Unione e come denunciato all’Ombudsman europeo. Il risultato di tale “trialogo” a porte chiuse, è stato la completa riscrittura dell’Art. 18 (diventato ora Art. 20) e delle premesse dalla n. 36 alla n. 48.

Doverosa una premessa: Le Direttive europee devono essere recepite dagli stati membri e trasformate in legislazione locale. Tale processo deve verificare anche le eventuali violazioni della costituzione del paese membro e potrebbe di conseguenza essere recepita in maniera diversa dalla forma proposta. Come sarà recepita la Direttiva in Italia e negli altri paesi europei, lo sapremo soltanto nei prossimi 18 mesi.

Non è stato il testo della nuova direttiva o il voto in Parlamento a sorprenderci. Già si sapeva da Dicembre come sarebbe andata a finire. Sono stati i comunicati stampa emessi dall’ufficio del commissario alla salute Tonio Borg (il nuovo Commissario europeo alla Salute, nominato dopo le dimissioni del suo connazionale John Dalli) a creare i maggiori problemi.

Comunicati che hanno portato molti commentatori a dire che “la montagna ha partorito un topolino”, oppure che in fondo “per le sigarette elettroniche non cambia molto” e così via. Qual è quindi il problema? Il problema è che le affermazioni contenute in questi comunicati sono false e fuorvianti. Ad iniziare da: “i prodotti che non contengono nicotina non rientrano nel campo di applicazione della direttiva”. Vediamo nel dettaglio i punti salienti della direttiva.

Art. 2, comma 16 e 17: Il Prodotto

La versione originale dell’Art. 18 della TPD parlava di Nicotine Containing Products (NCP) identificando quindi i liquidi contenenti nicotina ed escludendo dalla regolamentazione tutti il liquidi con nicotina inferiore allo 0,2% e l’Hardware. Questa nuova versione della TPD parla esplicitamente di Sigarette Elettroniche la cui definizione è inserita nell’Art. 2, comma 16 e 17 che recitano:

16)     "sigaretta elettronica": un prodotto utilizzabile per il consumo di vapore contenente nicotina tramite un bocchino o qualsiasi componente di tale prodotto, compresi una cartuccia, un serbatoio e il dispositivo privo di cartuccia o di serbatoio. Le sigarette elettroniche possono essere usa e getta o ricaricabili mediante un contenitore di ricarica o un serbatoio oppure ricaricabili con cartucce monouso;
17)     "contenitore di liquido di ricarica": flacone che contiene un liquido contenente nicotina utilizzabile per ricaricare una sigaretta elettronica;

Il comma 16 parla quindi di “prodotti utilizzabili per il consumo…”, non di “prodotti contenenti nicotina…”. Inoltre, questa definizione comprende tutto l’hardware incluso “il dispositivo privo di cartuccia e serbatoio”, il corpo della eGo tanto per fare un esempio.

Subito dopo quindi, l’ufficio di Tonio Borg  si è affrettato a precisare che le regole valgono solo per le sigarette elettroniche contenenti nicotina. Ma in quest’altro comunicato, prima dice che: “i prodotti che non contengono nicotina non rientrano nel campo di applicazione della direttiva” ma poco più avanti dice: “Le nuove regole non si applicheranno alle sigarette elettroniche medicinali […] ma interesseranno tutte le sigarette elettroniche di consumo immesse sul mercato dell'UE.” inoltre viene rappresentata la eGo tra i prodotti regolamentati.

E’ colpa quindi solo della fretta di giungere ad un’approvazione veloce della Direttiva, prima delle elezioni europee di Marzo? Oppure è un tentativo di tenere calmi i vapers con comunicati stampa ammiccanti, quando la verità è un’altra?

Il testo parla quindi di “prodotti utilizzabili per il consumo di vapore contenente nicotina” e non di “prodotti contenenti nicotina” come avrebbe invece dovuto essere. Inutili quindi i tentativi di fuorviare l’opinione pubblica con comunicati stampa ingannevoli, il testo della direttiva è chiaro ed inequivocabile.

Quindi il comma 16 comprende tutte le sigarette elettroniche, indipendentemente dal fatto che contengano liquidi o no, con o senza nicotina. Il comma 17 comprende invece i soli liquidi con nicotina. E’ quindi ipotizzabile che i liquidi senza nicotina e le componenti base degli stessi, siano liberamente commercializzabili.

Art. 20, comma 1: Prodotti Farmacologici

Il primo comma dell’Art. 20 autorizza le aziende farmaceutiche a produrre ed immettere sul mercato, sigarette elettroniche con qualsiasi tenore di nicotina e senza sottostare ad alcuna delle regole contenute nello stesso Art. 20.

Se a prima vista questa disposizione sembra riguardare il solo mercato farmacologico, produce una serie di impatti sulla direttiva stessa e che analizzeremo più avanti trattando i commi 7, 8 e 9.
Si calcola comunque che in Europa, il 30% dei vapers utilizzino ecigs con livelli di nicotina superiori ai 20mg/ml. Questa fetta di mercato viene quindi “regalata” alle aziende farmaceutiche.

Art. 20, comma 2: Notifiche

2.       I fabbricanti e gli importatori di sigarette elettroniche e contenitori di liquido di ricarica effettuano una notifica alle autorità competenti degli Stati membri di eventuali prodotti di tale tipo che intendono immettere sul mercato. La notifica è presentata elettronicamente sei mesi prima della prevista immissione sul mercato.
[…]
Per ogni modifica sostanziale del prodotto è presentata una nuova notifica.

Ecco un bellissimo articolo fatto apposta per uccidere l’innovazione. Tanti prodotti hanno un ciclo di vita inferiore ai 6 mesi. In Europa saranno in commercio solo prodotti obsoleti già fuori produzione per altri mercati.

Le tante aziende italiane che producono liquidi per sigaretta elettronica, ogni volta che studiano un nuovo aroma (es: pera al cioccolato con spruzzata di cannella) dovranno notificare il nuovo prodotto ed attendere 6 mesi prima di immetterlo sul mercato. Sembra studiata apposta per uccidere le piccole aziende che fanno della ricerca degli aromi il loro punto di forza.

b)       elenco di tutti gli ingredienti contenuti nel prodotto e delle emissioni risultanti dal suo impiego, suddivisi per marca e tipo, compresi i relativi quantitativi;
c)       dati tossicologici riguardanti gli ingredienti e le emissioni del prodotto, anche quando riscaldati, con particolare attenzione ai loro effetti sulla salute dei consumatori quando inalati e tenendo conto, tra l'altro, degli effetti di dipendenza;
d)       informazioni sulle dosi e sull'assorbimento di nicotina in condizioni di consumo normali o ragionevolmente prevedibili;

Quasi semplice produrre la documentazione di cui al punto b) mentre per i punti c) e d) potrebbero sorgere delle difficoltà. Ad oggi infatti, tutti gli studi sulle emissioni e sull’assorbimento di nicotina sono stati rifiutati dalle autorità competenti (Commissione europea inclusa) e bellamente ignorati come non esistessero. Addirittura, per produrre la direttiva di cui stiamo parlando, i dati tecnici degli esperti del settore sono stati falsificati (qui e qui) per giustificare la definizione del limite massimo di nicotina utilizzabile.

Sarà interessante conoscere l’opinione dei produttori di eliquids in merito alla loro capacità e possibilità finanziaria di eseguire tali analisi e produrne i risultati richiesti. Dubitiamo che tutti possano affrontare questi costi. Gli inglesi hanno calcolato un costo di circa 180.000€ per ciascun eliquid. Va comunque evidenziato che tali dati non saranno necessari per i prodotti autorizzati come farmaci e per le sigarette di tabacco.

g)       dichiarazione attestante la piena responsabilità del fabbricante e dell'importatore riguardo alla qualità e alla sicurezza del prodotto, quando è immesso sul mercato e utilizzato in condizioni normali o ragionevolmente prevedibili.

Non è ancora molto chiaro l’impatto di questo tipo di assunzione di responsabilità. Non sembra in linea con il resto del mercato ma servirà un serio parere legale per comprenderne fino a fondo le implicazioni. Un esempio su tutti: nel caso di esplosione di una batteria, le responsabilità del produttore sono le stesse che ha un produttore di telefoni cellulari?

Gli Stati membri possono esigere imposte proporzionate dai fabbricanti e dagli importatori dei prodotti del tabacco per la ricezione, la memorizzazione, la gestione e l'analisi dei dati ad essi trasmessi.

Ecco finalmente una frase che farà contenti i burocrati del MEF. Almeno potranno dire: “che pivelli i legislatori europei, noi l’avevamo già fatto ben prima di loro!”. Ovviamente, il termine “proporzionate” non rientra nel vocabolario attualmente in uso al MEF.

Art. 20, comma 3: Limiti

a)       il liquido contenente nicotina sia immesso sul mercato solo in contenitori di liquido di ricarica appositi il cui volume non superi i 10 ml, in sigarette elettroniche usa e getta o in cartucce monouso con cartucce o serbatoi di volume non superiore a 2 ml;
b)       il liquido contenente nicotina non presenti un contenuto di nicotina superiore a 20 mg/ml;

Si parla qui soltanto delle dimensioni dei contenitori di liquidi immessi sul mercato. Usa-e-getta, cartucce precaricate, tank precaricati hanno un limite di 2ml. Le boccette hanno un limite di 10ml. 

Questo non impedisce quindi l’utilizzo di tank o atomizzatori RBA con capienze superiori.

Segue poi, quanto già detto in merito al mercato farmaceutico.


c)       il liquido contenente nicotina non contenga gli additivi elencati all'articolo 7, paragrafo 6;
d)       per produrre il liquido contenente nicotina siano usati solo ingredienti di elevata purezza. Le sostanze diverse dagli ingredienti di cui al paragrafo 2, lettera b), del presente articolo sono presenti nel liquido contenente nicotina solo a livello di tracce, se tali tracce sono tecnicamente inevitabili durante la produzione;

Questi due paragrafi, indubbiamente utili per la garanzia di qualità dei prodotti e della salute pubblica, sono gli unici che stabiliscono dei limiti quantitativi e qualitativi in qualche modo definiti ed accettabili.

f)        le sigarette elettroniche rilascino le dosi di nicotina a livelli costanti in condizioni normali d'uso

Questo paragrafo farà sicuramente discutere. Sulle sigarette non sono riusciti ad ottenere questo tipo di risultato. Troppo dipendente dal modo in cui uno fuma, da come tiene in mano la sigaretta (coprendo, ad esempio, i pori del filtro), dall’intensità e dalla durata del tiro. Si sono rassegnati quindi ad utilizzare simulazioni con macchine aspiranti che sono risultate però troppo falsate rispetto ai dati reali.

Come potranno pretendere queste informazioni dalle sigarette elettroniche? Chi stabilirà quali sono le “condizioni normali d’uso” visto che la direttiva non lo dice? Ma soprattutto: vieteranno tutti i prodotti che non sono in grado di dimostrare ciò?

Una sicurezza: Tutti i devices a Voltaggio o Potenza Variabile (VV e VW) non sono in regola per quanto riguarda questa definizione. La dose di vapore (e quindi di nicotina) varia in funzione della potenza.

g)       le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica siano a prova di bambino e manomissione, siano protetti contro la rottura e le perdite e muniti di un meccanismo per una ricarica senza perdite.

Altro bel paragrafo. Ma chi (e quando) stabilirà i parametri? Qual è la definizione di “sicuro”? Ogni Stato membro stabilirà le proprie regole? Il rischio di confusione ed i tentativi di “protezionismo” del mercato interno, a discapito dei prodotti stranieri, è altissimo.

Un prodotto a prova di manomissione è esattamente l’opposto degli atomizzatori rigenerabili in voga in questo periodo. Ce li dovremo quindi scordare, inclusi gli atomizzatori in cui è possibile sostituire solo la coil.

Inoltre nessun prodotto, tra quelli attualmente sul mercato, è munito di meccanismo di ricarica senza perdite.

Art. 20, comma 6: Vendite transfrontaliere

 Il comma 6 non fa altro che richiamare l’art. 18 che a sua volta dice:

1.         Gli Stati membri possono vietare le vendite a distanza transfrontaliere di prodotti del tabacco ai consumatori. Gli Stati membri cooperano per impedire tali vendite. Le rivendite che effettuano vendite a distanza transfrontaliere di prodotti del tabacco non possono rifornire di tali prodotti i consumatori negli Stati membri in cui tali vendite sono state vietate…

Non servono molti commenti. Le vendite via Internet tra stati europei sarà vietata.

Art. 20, comma 7: Dati di vendita

 Guardiamo solo il punto ii) del comma 7:

Gli Stati membri dispongono che i fabbricanti e gli importatori di sigarette elettroniche e di contenitori di liquido di ricarica presentino annualmente alle autorità competenti:
ii)       informazioni sulle preferenze dei vari gruppi di consumatori, compresi i giovani, i non fumatori e i principali tipi di utilizzatori attuali;

Come si può notare, è fatto obbligo ai produttori ed agli importatori di fornire dati relativi ai consumatori (che però si rivolgono ai negozi e non ai produttori) compresi dati personali (età, preferenze, se “non fumatore”, etc.

Questi dati dovranno essere quindi forniti dai negozi ai produttori. A loro volta, i negozi dovranno chiedere questi dati agli utenti all’atto dell’acquisto. Vero che in Italia potrebbero rendere obbligatoria la tessera sanitaria per registrare l’acquisto, ma ci sono comunque impatti sulla privacy che non saranno molto semplici, soprattutto in altri stati dove queste cose vengono prese con maggior serietà.

E’ altresì importante evidenziare il fatto che questa ennesima complicazione sul processo di vendita vale solo per le sigarette elettroniche vendute liberamente, escludendo quindi quelle vendute in farmacia ma soprattutto escludendo tutti i prodotti a base di tabacco.

Art. 20, comma 11: Messa al bando di prodotti

 Concludiamo con l’ultima perla della Commissione Salute la quale si arroga il potere di vietare qualsiasi prodotto messo al bando in 3 stati membri. Come dire che le Major d’ora in poi, dovranno “foraggiare” soltanto 3 staterelli del cavolo per bloccare i prodotti delle piccole aziende. Niente più lunghe e costose attività di lobbying a Strasburgo, solo qualche vacanza su un’isola soleggiata.




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